I programmi di mediazione suggeriscono che è possibile promuovere,
nel quadro di una profonda crisi dell'insieme dei sistemi di
regolazione sociale, una nuova gestione dei conflitti, sostituendo al
tradizionale paradigma conflittuale un
paradigma consensuale.
La fantasia di fondazione di chi intende animare programmi di
mediazione è quella di abbandonare la persistente onnipotenza della
cultura del vincente-perdente, di lasciarsi alle spalle i ragionamenti e di evolvere verso un sistema
ternario. Il mediatore è il terzo
che si pone quale catalizzatore del conflitto per restituire il dialogo
alle parti (o costruirne uno) e permettere in tal modo - quando si è
verificata un'offesa - una riparazione simbolica prima ancora che
materiale tra le parti. La responsabilità, ogni volta che si parla di
mediazione, non ha più soltanto a che fare con l'essere responsabili di qualcosa e per qualcosa, ma è
intesa come un percorso che conduce i soggetti in conflitto a essere responsabili verso,
cioè a rispondere l'uno verso l'altro. La responsabilità nasce dunque
nella relazione. I conflitti divengono un pretesto per dare spazio a un
cammino, a un percorso, che vede due soggetti interrogarsi
vicendevolmente, coinvolti in un progetto relazione che il mediatore
non può e non deve tracciare in anticipo.
(Adolfo Ceretti)
Le pratiche di mediazione possono trovare spazio in ambito sociale e comunitario, familiare, reo-vittima, scolastico, ambientale, sanitario, civile-commerciale, linguistico-culturale.
DIKE - Cooperativa per la mediazione dei conflitti opera prevalentemente nei settori reo-vittima, sociale e scolastico.